Le divinità

Per gli iorubá la realtà esiste simultaneamente su due piani, l’aiyé (terra) e l’orun (cielo), e chiamano genericamente ará-aiyé tutti gli esseri naturali della terra e ará-orun o irunmalé tutte le entità soprannaturali del cielo. Fanno parte di questa seconda categoria gli Orixás, gli ancestrali e tutti i doppi spirituali di ciò che esiste sulla terra.
Olorun, Dio principio creatore, generò i 400 Irunmalé di destra e i 200 di sinistra. Fra i primi incontriamo gli Orixás propriamente detti – i cui poteri sono stati decisi direttamente da Olorun – che costituiscono il gruppo degli Orixás funfun, guidati da Oxalá, detentore del potere generatore maschile.
Gli Irunmalé di sinistra, invece, sono gli Ebora, alla cui testa c’è Odudua, rappresentante del potere generatore femminile. Sono qui incluse anche tutte le entità soprannaturali figlie, generate dall’incontro fra Oxalá e Odudua.
Il termine Ebora è quasi completamente sparito in Brasile, dove si usa il termine Orixá per tutte le entità sintesi del principio maschile e femminile.
Gli Orixás, per come vengono venerati oggi in Brasile, sono dunque emanazioni stesse di Olorun, detentori di axé e delle forze della natura. Fuoco, acqua, foresta, pietre, hanno ognuno i loro Orixás di riferimento.
Le divinità del Candomblé rappresentano, inoltre, archetipi ben specifici della vita interiore e collettiva: Oxum la sensuale è generatrice di fecondità, Oxóssi il cacciatore porta abbondanza, Ogun il guerriero si occupa di proteggere la comunità. Ogni Orixá assume dunque il comando di un aspetto specifico della vita sociale e interiore.

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Exu

È il messaggero tra gli dei e gli uomini, l’elemento dinamico di tutto ciò che esiste e il principio della comunicazione e dell’espansione. Quando viene chiamato Bará, è il principio della vita individuale.

Le sue funzioni sono le più diverse: recapita agli Orixás le richieste degli uomini e consegna agli uomini le loro risposte, fa in modo che le offerte vengano accettate, apre i cammini affinché ci sia una buona relazione fra mondo naturale e sovrannaturale, è messaggero dell’oracolo di Ifá.
I suoi figli sono persone con una personalità ambigua, non rientrano nel concetto di normalità socialmente accettata. Hanno una moralità propria, che utilizzano per la loro evoluzione, anche a scapito delle persone intorno a loro. Furbi, veloci nell’elaborazione del pensiero, simpatici, prendono la vita con leggerezza. Di indole godereccia, amano il sesso, mangiare e bere.

Giorno: lunedì
Colori: tutti
Cibo sacro: farofa
Saluto: laroiê
Simboli: ogó (bastone con testa scolpita e adornato con conchiglie e zucchette)

Ogun

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Dio del ferro, dell’agricoltura, della guerra, della caccia, protettore di tutti coloro che lavorano nelle arti manuali e con strumenti di ferro. Figlio primogenito di Oxalá e Odudua, rappresenta la sintesi del principio maschile e femminile, colui che apre i cammini agli altri Orixás.

Fratello di Exu e Oxóssi, marito di Oxum e Iansã e varie altre, in Brasile ha perso il suo ruolo di protettore dei campi, poiché non vi era nessun interesse, per gli schiavi, di avere un abbondante raccolto.
I suoi figli sono spesso atletici, muscolosi e vigorosi. Dinamici, impulsivi, intransigenti e a volte anche violenti, non riescono ad avere un buon equilibrio nella convivenza sociale. Molto estroversi, amano scherzare, ridere, bere e mangiare. Amano il confronto continuo, pur offendendosi molto facilmente e perdonando con difficoltà. Dotati di grande intraprendenza, non si stancano facilmente nel lavoro: amano le sfide e le affrontano con passione.

Giorno: martedì
Colore: blu
Cibo sacro: ignami, fagioli neri
Saluto: ogunhê
Simboli: spada, mariwo (pianta sacra)

Oxóssi

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Orixá iorubá della caccia, figlio di Iemanjá, marito di Oxum e padre di Logunedé. Viene chiamato anche Odé, cacciatore. Rappresenta l’ostinazione, non però allo stato selvaggio come Ogun, ma finalizzata a una meta precisa.

Egli è istinto, introspezione, strategia, ma anche abbondanza e sazietà. Fu un mitico re della città di Keto. Il suo culto è oggi pressoché inesistente in Africa, poiché i sacerdoti e i fedeli di questo Orixá, concentrati per la maggior parte nella città di Keto, distrutta e saccheggiata dal re dell’ex-Dahomey (oggi Benin) nel corso dell’ultimo ciclo di commercio schiavista, furono massicciamente venduti come schiavi e trasportati in Brasile e a Cuba. In quanto Alaketo (Signore di Keto) è il patrono del Candomblé Keto.
I suoi figli sono prima di tutto innamorati della vita e cercano di viverla il più intensamente possibile. Non sopportano dunque la routine, ma amano l’avventura. Indipendenti, amanti della libertà, sono inquieti, a volte addirittura iperattivi. Svegli, intelligenti e determinati, sanno cogliere al volo le buone occasioni. Chi è retto da Oxóssi è fisicamente molto attraente: slanciato, snello, fine, delicato, vigoroso, esercita un enorme fascino.

Giorno: giovedì
Colore: azzurro
Cibo sacro: axoxó
Saluto: Okê Arô
Simboli: ofá (arco e freccia), iruexim (coda di cavallo)

Omolu

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Conosciuto anche come Obaluaiê, è l’Orixá del vaiolo e delle malattie epidemiche in generale. Il suo carattere è temibile poiché, se non ben venerato, può arrabbiarsi e portare malattie nel mondo.

Per questo lo si rispetta molto. In quanto signore della malattia, è anche padrone della guarigione: a lui ci si rivolge per ogni problematica fisica. In origine non era un Orixá, ma un Vodun jeje-fon originario dei paesi mahi, nell’attuale Benin, dai quali proviene anche il culto di sua madre Nanã e dei fratelli Oxumarê, Ossâim, Iroko ed Euá, che insieme formano il kerejebe, la “piccola famiglia reale”.
I suoi figli sono persone riservate, calme, pacate, che conducono un’esistenza sobria e semplice. Vivono in un continuo stato di insoddisfazione, che riescono a volte a calmare prendendosi cura degli altri. Hanno un carattere subalterno, non hanno caratteristiche da leader. Chi è retto da Omolu non sopporta i cambiamenti ed è molto conservatore, ma ciò che perde in flessibilità lo acquista in profondità di pensiero. Non è capace di relazionarsi col sesso opposto, arrivando alla completa solitudine o alla misoginia.

Giorno: lunedì
Colori: rosso, bianco, nero
Cibo sacro: deburu
Saluto: Atotô
Simbolo: xaxará (corto bastone ricoperto di paglia e adornato con perline e conchiglie)

Ossâim

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Orixá delle foglie liturgiche e medicinali, per questo considerato “Orixá della medicina”. Vive nella foresta con il suo fedele compagno Aroni, il vero conoscitore delle proprietà delle erbe: Aroni ha la conoscenza, Ossâim il potere della cura, insieme i due si completano.

Alle foglie, raccolte secondo indicazioni precise, viene dato potere attraverso degli ofó, canti magici che servono a risvegliare la loro capacità curativa. In origine Ossâim non era un Orixá, ma un Vodun jeje-fon originario dei paesi mahi, nell’attuale Benin, dai quali proviene anche il culto di sua madre Nanã e dei fratelli Oxumarê, Omolu, Iroko ed Euá, che insieme formano il kerejebe, la “piccola famiglia reale”.
I suoi figli sono tendenzialmente alti e longilinei, attraenti e delicati. Nascondono le loro emozioni e i loro desideri. Tendono alla sottomissione, non alla prepotenza. Freddi calcolatori, riescono sempre a trarre vantaggi per se stessi dalle diverse situazioni. Non sono per nulla attaccati alla vita materiale, gli basta il minimo per sopravvivere.

Giorno: lunedì
Colore: verde
Cibo sacro: abadó
Saluto: Euê o
Simbolo: Opa (una piccola lancia con sette punte e un passero sulla punta centrale)

Iroko

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È un Orixá fitomorfo, e abita in un albero. In Africa la sua abitazione era la Chlorofora Excelsa, enorme pianta che, non essendo stata esportata in Brasile, è stata qui sostituita da alberi altrettanto possenti, come il Ficus Gomelleira.

Il suo tronco, le cui radici vengono consacrate, è ornato con un panno bianco, e le offerte vengono fatte ai suoi piedi. Rappresenta l’unione fra Orun (cielo) e Aiyé (terra) in quanto i suoi rami, una volta caduti a terra, riescono ad attorcigliarsi agli alberi vicini e a mettere radici. Le sue radici, dunque, cadono letteralmente dal cielo. Rappresenta la libertà, l’aria aperta, il tempo. In origine non era un Orixá, ma un Vodun jeje-fon originario dei paesi mahi, nell’attuale Benin, dai quali proviene anche il culto di sua madre Nanã e dei fratelli Oxumarê, Ossâim, Omolu ed Euá, che insieme formano il kerejebe, la “piccola famiglia reale”.
I suoi figli sono molto rari. In ogni casa di Candomblé non può essere iniziata più di una persona di questo Orixá. Sono persone che amano stare all’aperto, e che possono soffrire di claustrofobia se tenute al chiuso. Molto meglio averli come amici: sono nemici pericolosi, sebbene dimentichino facilmente i loro rancori. Non sono persone a cui raccontare segreti, non li sanno mantenere: la foresta ascolta tutto…

Giorno: martedì
Colore: bianco
Cibo sacro: ajabô
Saluto: Iroko i só
Simbolo: irukeré (spolverino) fatto con palha da costa (rafia)

Oxumarê

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Orixá dell’arcobaleno, presiede il tempo e la trasformazione. È rappresentato da un serpente, il grande serpente arcobaleno che viene dalle profondità e trasporta l’acqua in cielo, oppure da un serpente che si morde la coda, l’uroboro, simbolo dell’eternità.

Senza di lui tutto sarebbe immobile, congelato in un tempo senza tempo, sterile e privo di senso. Egli rappresenta anche la ricchezza. In origine non era un Orixá, ma un Vodun jeje-fon originario dei paesi mahi, nell’attuale Benin, dai quali proviene anche il culto di sua madre Nanã e dei fratelli Omolu, Ossâim, Iroko ed Euá, che insieme formano il kerejebe, la “piccola famiglia reale”.
I suoi figli sono lottatori, perseveranti, capaci di grandi cambiamenti nelle loro vite in quanto molto ambiziosi. Amano mostrare le loro ricchezze, contornandosi di agi e opulenza. Hanno un portamento raffinato e uno sguardo acuto e penetrante, non gli sfugge nulla. Sanno usare molto bene la parola, a volte al limite della manipolazione.

Giorno: martedì
Colori: giallo e nero
Cibo sacro: kukundunkun
Saluto: Arô Boboi
Simbolo: serpente

Nanã

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Orixá antico, definita la madre di tutti gli Orixás. Signora dei pantani da cui è sorta la vita, rappresenta l’insieme delle prove che portano alla maturità, è l’esperienza della vita negli aspetti più drammatici.

Nanã è anche la signora della morte: essa rappresenta la coscienza della necessità della morte e la sua accettazione. In origine non era un Orixá, ma un Vodun jeje-fon originario dei paesi mahi, nell’attuale Benin, dai quali proviene anche il culto dei figli Omolu, Oxumarê, Ossâim, Iroko ed Euá, che insieme formano il kerejebe, la “piccola famiglia reale”.
Le sue figlie (Nanã non ha figli maschi) esigono e sanno pretendere molto rispetto, attraverso un modo di relazionarsi assai attento e affettuoso. Calme, benevolenti, hanno un portamento che trasmette dignità e fermezza. Amano la tranquillità, al limite dell’isolamento, e hanno spesso tratti introversi. Lavoratrici instancabili, fanno tutto quello che gli spetta senza fermarsi, ma mai con fretta e agitazione.

Giorno: sabato
Colori: viola
Cibo sacro: omitoro
Saluto: Salubá
Simbolo: Ibiri (piccolo bastone ricurvo abbellito con perline e conchiglie)

Oxum

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Dea delle acque dolci, rappresenta la passività della forza dell’acqua, la cascata che genera energia per il solo fatto di esistere, senza sforzo. Orixá legata alla ricchezza e alla sensualità, viene definita la Venere nera, la seduttrice, colei al cui sguardo non si può resistere.

Ama i gioielli, soprattutto quelli in oro, che mettono in risalto la sua bellezza. Moglie di Oxóssi, col quale ha generato Logunedé, di Xangô e di Orunmilá, al quale ha rubato il segreto per predire il futuro.
I suoi figli sono fisicamente delicati, seduttivi, sensuali. Attirano molte amicizie del sesso opposto, anche se sono estremamente emotivi e instabili. Molti sono ambiziosi, mirano a un’ascesa sociale e sono disposti a tutto per arrivarci. Amano il lusso e la ricchezza, e la vanità può essere, più che fisica, intellettuale. Amano i bambini e si mostrano molto possessivi nei loro confronti.

Giorno: sabato
Colori: giallo oro
Cibo sacro: omolocum
Saluto: Ora ieiê ô
Simbolo: abebé (specchio)

Logunedé

Figlio di Oxóssi e Oxum, vive per sei mesi con la madre pescando nei fiumi e per sei mesi cacciando col padre nella foresta. È un fanciullo simbolo dell’abbondanza, della ricchezza, dell’incanto e della bellezza.

Ha il potere di attrarre chiunque, addolcire le persone intorno a lui con il suo carisma e il suo charme. Viene considerato l’Orixá più bello dell’intero pantheon.
I suoi figli sono tendenzialmente persone riservate, pur adorando essere al centro dell’attenzione, la qual cosa accade spesso senza troppi sforzi, grazie al loro intrinseco potere seduttivo. Persone sensibili e intelligenti, vengono facilmente ferite dai giudizi. Fisicamente sono attraenti, con sguardo magnetico e movenze sensuali.

Giorno: giovedì
Colori: giallo oro e azzurro
Cibo sacro: axoxó con omolocum
Saluto: Lossi Lossi Logun
Simbolo: ofá (arco e freccia), abebé (specchio)

Obá

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Orixá del fiume Obá e sposa meno amata di Xangô. Secondo una leggenda, ingannata da Oxum, si taglia un orecchio per cucinarla nella zuppa del marito, come feticcio di amore, ma costui, disgustato, la ripudia.

È una divinità guerriera, un’amazzone, tant’è che viene chiamata l’Ippolita iorubá e viene identificata come il grande capo della società di Elecô, una mitologica comunità femminile di streghe guerriere.
Le sue figlie amano le avventure e sono fortemente attratte da litigi e confusioni. Hanno un gran senso della giustizia e dell’amicizia e, se si sentono tradite, risultano estremamente rancorose. Hanno spesso una vita sentimentale complessa, poco appagante, pur essendo in grado di amare con grande passione. Sono donne sensuali, ma di una sensualità semplice e pura.

Giorno: mercoledì
Colori: arancione
Cibo sacro: acarajé
Saluto: Obá Xireê
Simbolo: daga (spada), scudo

Euá

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Orixá della guerra e della caccia, divinità dotata di rarissima bellezza. Signora della comunicazione, della trasformazione degli opposti. Patrona della sensitività e della visione, abita nelle fonti d’acqua dolce e rifugge da qualunque uomo.

Un tempo potevano essere iniziate a questo Orixá solo ragazze ancora vergini. In origine non era un Orixá, ma un Vodun jeje-fon originario dei paesi mahi, nell’attuale Benin, dai quali proviene anche il culto di sua madre Nanã e dei fratelli Omolu, Ossâim, Iroko e Oxumarê, che insieme formano il kerejebe, la “piccola famiglia reale”.
Le sue figlie (non esistono figli maschi) sono eleganti, di una bellezza disarmante e semplice, educate, lontane dalla volgarità. Sono intolleranti nei confronti della falsità, delle bugie e dell’ipocrisia. Preferiscono osservare che essere osservate, restando sempre ai margini della vita sociale. Dotate di una spiccata sensibilità e sensitività, riescono a vedere chiaramente nel cuore delle persone, per cui risulta assai difficile riuscire a manipolarle.

Giorno: sabato
Colori: rosso
Cibo sacro: Nan
Saluto: Riro
Simbolo: Adó (bastone con in cima una sfera)

Oiá

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Signora dei venti e delle tempeste, chiamata anche Iansã (abbreviazione di Iá + messan, madre dei nove, riferendosi ai suoi nove figli), dea della libertà e delle passioni. È un’amazzone, una guerriera che lotta con intensità e forza.

Rappresenta l’aspetto attivo dell’energia femminile, la sensualità spudorata, il femminismo. Moglie preferita di Xangô, col quale va in guerra e al quale ruba la magia del fuoco, ha avuto relazioni anche con Ogun e Oxóssi. Signora degli Eguns (spiriti dei morti), nelle sue danze li domina e ne ha il pieno controllo.
Le sue figlie sono donne audaci e autoritarie. Il loro temperamento sensuale e voluttuoso le porta ad avere frequenti avventure extra-coniugali, anche perché non sono inclini alla routine familiare. Sono oneste e, se ingannate, la loro furia si scatena come un ciclone.

Giorno: mercoledì
Colori: marrone
Cibo sacro: acarajé
Saluto: Epahei
Simbolo: daga (spada), iruexim (scacciamosche con coda di cavallo)

Yemanjá

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In origine divinità del fiume Ogun, in Brasile ha preso il posto di Olokun ed è diventata signora del mare e di tutte le acque salate, Iá Omo Ejá, madre i cui figli sono pesci. Viene considerata la madre di tutti gli Orixás.

Rappresenta la gestazione e la procreazione, la grande madre che accudisce tutti. Nel suo ruolo di Grande madre è Iá Ori, madre di tutte le teste, di tutti gli uomini. Celebrata in numerose canzoni, a Salvador la si festeggia il 2 febbraio con una bellissima festa in riva al mare nel quartiere di Rio Vermelho, dove c’è un tempio costruito in suo onore.
I suoi figli sono molto materni e protettivi. Si comportano con le persone come se queste dipendessero dal loro affetto, e desiderano ricevere loro stessi questo trattamento. Non sono vanitosi, ma amano il bello senza eccessi. Fisicamente hanno una struttura o possente o esile e bisognosa. Gli occhi sono sempre un po’ tristi, ma capaci di dare molta attenzione.

Giorno: sabato
Colori: cristallo
Cibo sacro: eboiá
Saluto: odôiá
Simbolo: abebé (specchio), pesce

Airá

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Orixá del fuoco e dei vortici, proveniente dalla regione di Savé, nel Benin, figlio di Orixã Mama e Oluxanxê. Alcuni studiosi lo identificano come caporale delle truppe di Xangô, altri come suo fratello o addirittura sua moglie (Iá Irá).

Certo è che si tratta di una divinità appartenente alla famiglia di Xangô, ma passata poi nel regno di Oxaguian, diventando fido guardiano di Oxalufã, gli Orixãs funfun, bianchi. Si tratta di una divinità legata alla vita come Xangô, ma decisamente più tranquillo, come Oxalá, tanto che alcune case di Candomblé lo chiamano il vecchio Xangô bianco.
I suoi figli sono persone carismatiche, allegre, ottimiste, amanti dei piaceri della vita. Tendenzialmente permalosi, si dimenticano però velocemente i torti subiti. Amano il buon cibo e il bere, per cui tendono al sovrappeso.

Giorno: mercoledì
Colori: bianco e rosso
Cibo sacro: amalá bianco
Saluto: Airá lé
Simbolo: chiave, scure

Xangô

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Signore del fuoco e dei fulmini, fu il quarto re della città di Oyó. È l’Orixá che rappresenta il calore, il fuoco che mantiene la vita. Questa dinamicità lo rende anche una divinità erotica, sensuale e attraente: si presenta come un re maestoso che incanta con la sua potenza.

A lui si chiede giustizia per i torti subiti, in quanto patrono delle leggi religiose e sociali. Marito di Oxum, Obá e Oiá, ebbe numerose altre amanti, in quanto incarnazione del piacere per la vita. All’Ilê Axé Opô Afonjá Mãe Aninha, la fondatrice del terreiro, istituì nel 1937 l’ordine degli obá, dodici ministri di Xangô, gerarchicamente superiori agli ogãs, in ricordo degli antichi ministri della corte di Oyó.
I suoi figli sono persone vitali, allegre, impulsive, al limite dell’aggressività. Sono dei leader nati e non amano essere contraddetti. Severi ed energici, sanno però essere molto benevolenti quando necessario. Fisicamente si tratta di persone spesso pingui, amanti del bel vivere, sorridenti.

Giorno: mercoledì
Colori: bianco e marrone
Cibo sacro: amalá
Saluto: Kauô Kaciecile
Simbolo: oxê (scure a due lame)

Oxaguiã

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Forma giovane e guerriera di Oxalá, è l’Orixá dell’igname, una tuberacea che è divenuta il suo cibo sacro. Questa divinità, proveniente dalla città nigeriana di Ejigbô, rappresenta il guerriero che lotta per la pace.

Fa parte del gruppo degli Orixás funfun, gli Orixás bianchi, legati alla creazione dell’universo. Figlio di Oxalufã, è il signore dell’instabilità, sia emotiva sia fisica. Con la sua festa si conclude il ciclo delle Acque di Oxalá, festa che dura 16 giorni e che apre il calendario liturgico annuale.
I suoi figli sono tendenzialmente longilinei, virili ed eleganti. Sensuali, sono spesso volubili, specie nelle relazioni affettive. Non amano esporsi, sono persone spesso introverse e che amano restare in disparte. Riescono a ottenere buoni successi nella vita, a volte però li mettono a rischio a causa della loro arroganza.

Giorno: venerdì
Colori: bianco
Cibo sacro: acaça
Saluto: Epa Babá
Simbolo: spada e scudo

Oxalufã

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Orixá originario della città di Ifon, in Nigeria, è a capo degli Orixás funfun (gli Orixás bianchi). Il più anziano e rispettato. Creatore degli uomini, viene chiamato anche con l’epiteto Babá Ori, padre delle teste.

Divinità tranquilla e saggia, trasmette agli uomini le sue principali caratteristiche: l’amore fraterno e la pazienza, e rappresenta anche la delicatezza, la bontà, la tolleranza, la determinazione e la calma.
A lui sono dedicati i sedici giorni di rituali delle Acque di Oxalá, ciclo di cerimonie che apre l’anno liturgico.
I suoi figli sono calmi, delicati e sensibili. Agiscono sempre con molta onestà, prestano attenzione alle esigenze altrui, sono sinceri e grandi amici. Feriscono facilmente le persone per la loro incapacità di non dire quello che pensano, spesso in maniera diretta e rude. Persone testarde e cocciute, raggiungono sempre i loro obiettivi. Fisicamente appaiono poco attenti alla materia, e sono spesso magri e dall’aspetto fragile.

Giorno: venerdì
Colori: bianco
Cibo sacro: ebô
Saluto: Epa Babá
Simbolo: paxorô (bastone con tre dischi)

Ibeji

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Simbolizzano il principio della dualità, rappresentati in Africa dai gemelli sacri. Il loro nome significa nati doppi (ibi: nascere, eji, due) e sono i patroni di tutto ciò che implica una duplicità: coppie, opposti, gemelli.

Questo Orixá, due in uno, rappresenta gli opposti che stanno insieme e si completano con le loro diversità. Sono la personificazione della parte infantile dell’essere umano che evolve continuamente. Nel suo essere infantile, però, fatica a darsi dei limiti e può diventare pericoloso, senza accettare le regole del vivere sociale.
È un Orixá a cui non ci si inizia, per cui non si manifesta nella trance.

Erê

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Rappresentano la parte infantile dell’Orixá, messaggero fra l’umano e il divino. Si tratta di spiriti bambini, figli dell’Orixá stesso, che si possono manifestare nella trance dei fedeli per dare dei messaggi, sempre portati con l’innocenza e la schiettezza di un bambino.

Hanno nomi legati all’Orixá di cui sono figli: ad esempio un erê di Xangô può chiamarsi tartarughina, in onore dell’animale sacro del dio del fuoco; l’erê di Oxum potrebbe chiamarsi pesciolino dorato, etc.
Possiedono i fedeli solo dopo la trance dell’Orixá, portati quindi sulla terra dal loro genitore spirituale. Le persone possedute da questi spiriti si comportano come bambini, mangiano, bevono, parlano.

Babá Egun

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Nell’Orun, il cielo delle credenze iorubá, esistono, accanto agli Orixás, associati all’origine e alla formazione del creato, anche gli Eguns, associati alla storia degli esseri umani. Gli Orixás reggono la struttura della natura e del cosmo, gli Eguns la struttura della società.

In Brasile sono arrivati, accanto alle tradizioni legate al culto degli Orixás (lesse Orixá), anche i culti legati agli antenati (lesse Egun), il cui scopo è quello di rendere visibile gli spiriti, manipolare il potere che ne deriva ed essere veicolo di comunicazione fra i vivi e i morti. I terreiros che venerano gli Egun sono diversificati da quelli che venerano gli Orixás e si tratta di cerimonie completamente differenti. Durante questi riti, gli antenati prendono possesso dei fedeli e si manifestano nuovamente sulla terra, vengono vestiti con abiti variopinti (abala) e controllati dai sacerdoti (Alagba) affinché non ci sia alcun tipo di contatto fra vivi e morti.
Si tratta di un culto prettamente maschile. Solo poche figure femminili possono far parte dei terreiros lesse Egun.

Iami

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Rappresenta il potere primordiale di generatrice di vita, il primo utero, l’acqua da cui tutti quanti discendiamo. Simbolizzata nel passero, nel pesce e nella civetta.

Racconta una leggenda che quando le Iami arrivarono sulla terra, si distribuirono su sette alberi: su tre di questi vivevano le Iami che lavoravano per il bene, su altri tre stavano le Iami che lavoravano per il male, sull’ultimo abitavano le Iami che lavoravano sia per il bene sia per il male. Questa divinità ha assunto nel tempo il ruolo di strega, perdendo così tutta la ricchezza del suo potere, facendoci dimenticare i benefici che la generatività porta con sé. In Africa venivano venerate in tre società segrete femminili (geledé, Ogboní ed Elekó), nessuna delle quali è sopravvissuta a lungo in Brasile.

Ifa

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Divinità legata al destino del mondo, è l’intermediario tra il volere di Olorun e gli uomini. Il suo compito è quello di guidarci e orientarci, aiutandoci a prendere le decisioni migliori in accordo con il nostro cammino.

Comunica agli uomini attraverso l’oracolo, non attraverso la trance.
È una divinità a cui non ci si inizia nel Candomblé, ma in percorsi paralleli appositi. Il suo portavoce è il babalaô, sacerdote del suo culto. Famoso babalaô brasiliano è stato Pierre Fatumbi Verger, iniziato sia nel Candomblé che in Ifa.

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